Waltz in D minor: Cap. 2

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    𝐏𝐀𝐆𝐄 𝐎𝐅 𝐖𝐀𝐍𝐃𝐒
    ★★★★★★★

    Group
    ♥ Dansk Alighieri ♥
    Posts
    13,329

    Status
    Anonymes!

    Waltz in D minor
    CAPITOLO 2



    Nella stessa villa avvistò tre bambini, due con i capelli rossi e uno viola. Si divertivano tutti, l'un l'altro si rincorrevano e ridevano gaiamente. Ad un certo punto uno di loro cade con il viso a terra, lasciando cadere su essa anche il suo orsacchiotto, vestito in un modo abbastanza strano con una benda davanti alla'occhio sinistro sulla quale era inciso in lacca dorata un segno, quasi uno stereotipo di un osso. Kama, soprannominata da tutto e da tutti Kimi, non si era degnata di vedere se stava bene o no: semplicemente, osservava quel bimbo dagli abiti neri simili a quello prima che singhiozzava con la faccia rivolta verso il basso, presumibilmente sporca di humus o di sangue. Ma appena egli alzò il capo, Kimi non vide nulla del genere, semmai delle lacrime che rigavano il suo visino pallido e inumidivano gli zigomi scuri coperti da solide occhiaie.
    « Sigh » sentì a malapena.
    Gli altri due bambini si accorsero che il più piccolo, presumibilmente, era a terra a piangere. Essi si avvicinarono a lui chinandosi.
    « Kanato... Non piangere! »gli diceva uno con un'espressione preoccupata.
    « Su, dai, non è successo nulla, alzati... » lo consolò l'altro, carezzando i suoi capelli violacei e porgendogli una mano, per aiutarlo a stare in piedi.
    Kimi rimaneva lì a guardare la scena, con le labbra rilassate leggermente aperte. Respirava normalmente e si sentivano i suoi espiri scanditi.
    Uno dei due bambini dai capelli rossi alzò il capo e guardò Kimi tutti'altro che incuriosito. Il tono sembrava alquanto irritato, certamente non paragonabile a quel ragazzetto presuntuoso.
    « Ehi, tu! Che guardi? Ti sembra qualcosa che attiri tanta attenzione? »
    « Sì » rispose con altrettanta furia la piccola dai capelli lunghi castani « Non dovrei preoccuparmi per un estraneo che si è fatto male? Cadere è umano » concluse facendo dietrofront, inconsapevole delle parole che aveva pronunciato prima facessero imbestialire lo stesso di prima che si avventò su di lei.
    « LUI NON È UN UMANO! CAPISCI?! »
    « Che int- » riuscì a pronunciare la bambina dalle lunghe code, prima di essere interrotta dalla signora con cui prima stava parlando.
    « Ayato. » disse con tono furibondo « Dovresti essere dentro a studiare. Sai perfettamente che se riesci a superare gli stupidi figli di Beatrix diventerai il Re dei Vampiri. E tu devi fare di tutto perchè se non ci riesci non sei mio figlio »
    "Non é figlio di sua madre..." disse a sè stessa nella mente ripensando alle frasi di Madonna Camilla, sua madre.
    « Madre, io sono stufo di studiare, non ce la faccio più a stare con quegli occhi sui libri! Se la vedano Shuu e Reiji a diventare capifamiglia, io non voglio averne a che fare! » risponde il ragazzo, di nome Ayato.
    Appena Kimi sentì pronunciare il nome del suo amico rabbrividì, senza motivo.
    « Fila, al lago! » ordinò quella strana donna dai capelli viola, afferrandolo per un polso e trascinandolo via.
    Gli altri due bambini stavano a guardare con un'espressione perplessa sul volto. Uno di loro sospirò.
    « Ed ecco come Cordelia arriva all'apice della rabbia... Povero Ayato »
    La bambina decise di allontanarsi il più possibile da lì, ma non perchè aveva paura, bensì perchè non voleva mettersi in situazioni imbarazzanti come quella. Decise allora di perlustrare l'area intorno alla torre che stava su un lato della grande Mansione. Per arrivarci si doveva attraversare un grande ponte contornato di rose bianche rampicanti. Erano molto curate e la loro purezza si scorgeva dal bianco limpido dei loro petali, sparsi qua e là anche per il ponte.
    In cima alla torre c'era una finestrella sbarrata, come quelle presenti nelle prigioni. Una scia lucente bianca si poteva scorgere da sotto. Si mosse e Kimi fece un balzo indietro: era una bella donna, giovane, con dei grandi occhi scarlatti.
    La osservò con sguardo caritatevole e poi si incamminò verso l'interno.
    Ecco che una voce la fa impaurire, anche se era proveniente da un ragazzo della sua stessa età.
    « Che cosa stavi facendo? » chiese.
    « Oh. Nulla. Stavo semplicemente osservando questa torre »
    Era un bambino di nove anni dai capelli albini e gli occhi simili a quelli della donna, ma più allungati e grandi.
    Kimi si accorse che in quelle iridi c'era tristezza e rancore, lo sentiva anche a distanza di un miglio.
    « ... É tua madre? » chiese spontaneamente.
    Egli non rispose ma sospirò.
    « Preferisco non parlare di questo argomento. »
    Dopo una brevissima conversazione Kimi ritorna da Madonna Camilla e tornano a casa, nel loro villaggio.

    Il flashback si è dissolto nella mente di Kama, che ancora guardava all'orizzonte verso quelle case bruciate e abbandonate.
    Si affrettò a scendere una scalinata in pietra e proseguire per una lunga strada lastricata di mattoni grigi, dove in genere il mercato prende vita ogni martedì già dal mattino presto. I mercanti che anni prima andavano a vendere nel suo villaggio si erano tutti spostati nella periferia di Edo e l'allegria non era stata certamente abbandonata.
    Alcuni anziani, venditori di nespole fuori stagione, videro passare la ragazza, abbastanza famosa essendo figlia dell'unica nobildonna presente nella cittadina campagnola, e se ne meravigliarono.
    « Signorina Reo? Cosa ci fa la mattina presto con tutte quelle borse sulle spalle? Ha intenzione di dimagrire? Ma lei è tanto magra, non dovrebbe preoccuparsi di questo! »
    « No, ho i fianchi troppo larghi. Sono antiestetici » mentì « Starò via tutto il giorno. Comincio da adesso a fare allenamento »
    La sua gonna lunga nascondeva quei tacchi alti che si ritrovava.
    « Oh, allora eccole delle belle albicocche! Su, non faccia complimenti! » affermò la signora che le porse un'enorme cassa di legno piena di quei frutti arancioni. Kama aveva un'espressione perplessa mista all'imbarazzo e balbettando disse:
    « N-no, non ce n'è il bisogno, e poi non saprei come pagargliele! »
    « Ma non si deve turbare per il pagamento, è tutto gratis! »
    Kama non poteva dire di no a quella signora tanto buona con la sua famiglia. Prese con sè la cassa e camminando lungo il viale si accorse di quanto era pesante.
    "C'è mancato poco che mi scoprissero... Che invenzione geniale..." pensò divertita.
    Chiuse gli occhi, respirando l'aria fresca dell'alba che stava per tramutarsi in mattinata e il canto degli uccelli, con la collaborazione del profumo dell'erba nuova e della frutta, creava un'atmosfera da paradiso terrestre. Inspirò profondamente quell'ossigeno puro ed espirando sbadiglió lievemente, perlustrando la via, via via più ripida e scura, che portava al suo vecchio villaggio incendiato ormai da tempo.
    Una fitta boscaglia sulla sua sinistra e un ponticello in mattoni del color terracotta erano l'entrata a quel luogo ricoperto di pece e cenere.
    Le case che prima accoglievano una marea di famiglie erano state tutte rase al suolo, e tra di esse anche la sua. Kama sporgeva lo sguardo anche oltre la punta del suo naso, alla ricerca della sua vecchia abitazione. Non era difficile riconoscere quella montagna di mattoni in parte bianchi in parte senza colore, raggruppati in modo molto disordinato sul vasto giardino della tenuta in cui prima viveva la madre, Lady o Madonna Camilla d'Inghilterra, una delle donne più potenti dell'intero paese. Lì aveva vissuto le giornate più belle della sua vita e quelle più brutte, come il giorno dell'incendio. Gli anni passavano molto lentamente, un giorno durava un mese per lei. Da quel giorno ha perso letteralmente la cognizione del tempo, tanto da non sapere nemmeno la data.
    Si alza allora il vento, che fa volteggiare in aria i capelli lunghi di Kama e il suo abito lungo un po'impedito dalle borse che si portava dietro.
    Morse il labbro inferiore, vedendo le macerie della sua casa, in parte ancora in piedi. Decise di dare un'occhiata all'interno dell'edificio che era rimasto intero: non era cambiato nulla dall'ultima volta, tranne il colore della tappezzeria e dei mobili di legno. Niente era più in ordine, tutto era ormai cenere.
    Quello fu il giorno in cui perse tutto quello che aveva più caro al mondo: Edgar.
    Shuu era scappato via, per fortuna, però i due si persero di vista giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno. Abbassò il capo e una lacrima bagnò una lente dei suoi occhiali, che decise di togliere per via della vista sfocata che essi le procuravano. Le scale erano parzialmente distrutte ma alcuni piani erano raggiungibili. La sua stanza, la più vicina al piano terra, era l'ultima destinazione, difatti decise di passarci dopo. La seguente aveva la porta a terra, piena di schegge e tarli. Un varco grande come una galleria si era formato al suo posto, che conduceva alla grandissima sala della musica, dove prendeva lezioni di pianoforte con un insegnante privato. E anche dove il suo cugino inglese le insegnava a suonare la cornamusa.
    I suoi passi rimbombavano da una parete all'altra e sembravano quasi spettrali: il pianoforte a coda al centro della stanza era stato ridotto in brandelli, i suoi tasti erano scomposti, chi sporgeva, chi era tagliato dalla cenere nera, pece sparsa come polvere vulcanica su un balconcino malandato. La descrizione corrispondeva appunto al balcone distrutto della sala, la quale porta aveva i vetri consumati e rotti. Era una scena orribile: metà stanza era nera, scura come il buio più pesto delle notti burrascose in pieno oceano, come se fosse stata risucchiata in un universo alterato. Spalancò le palpebre e indietreggiò, tornando sui suoi passi. Il corridoio era lungo ma gran parte era caduto giù, rendendo irraggiungibili i tre piani seguenti. Altre due stanze però erano visitabili. La sala da pranzo era enorme ma tutta bruciata, simile alla sala della musica ma in condizioni peggiori. Era impressionante, fin troppo per Kama. L'altra stanza, la camera da letto degli ospiti, era divisa a metà, perchè la parte sinistra era caduta giù. Kama riuscì a scorgere i titoli dei pochi libri rimasti quasi del tutto intatti al fuoco, e li prese. Uno di essi era un diario, di cui non ne aveva mai sentito parlare nè in famiglia nè dalle serve che prima lavoravano nella grande tenuta di una delle nobildonne più potenti anche dell'Inghilterra.
    Era un diario certamente non presente nelle librerie dei sotterranei della casa nuova in cui ella viveva ormai da otto anni. Tutti quei libri erano stati conservati nelle cantine della tenuta e portati in salvo dai servi rimasti vivi. Quasi tutti erano fuggiti via, per scampare alle fiamme, che sua madre odiava con tutta sè stessa.
    Decise di tenerlo con sè per esaminarlo con calma durante il viaggio.
    Proprio mentre usciva dalla camera degli ospiti un rumore sordo colpì l'attenzione della sedicenne, che si indispettì.
    "Che ci sia qualcuno...?" pensò, assottigliando lo sguardo verso la sua vecchia stanza. Con passo felpato si avvicina e prese una piccola rincorsa col braccio e sfondò la porta di color avorio, ancora intera.
    Guardò al suo interno ogni minimo angolo: non c'era nessuno nè qualcosa che impediva la visuale dell'intera camera, piena di polvere e di cenere, come tutte le altre. La finestra non aveva serrande nè tende, non più.
    "L'avrò immaginato." concluse.
    Uscì dalle "rovine", e cominciò ad esplorare in giro: tutto nero, anche l'erba non si era rigenerata. Kama aveva intenzione di scoprire chi era l'artefice di tutto quel dipinto sadico e malvagio.
    Aveva smesso di singhiozzare ma dovette ritornare a piangere alla vista di un albero caduto con tanti pezzi di legno sulla terra umida. Della stoffa bruciata e dell'argento accanto ad uno dei tanti pezzi di vetro consumato ed eroso. Una foto intatta: c'erano lei, Shuu ed Edgar.
    Si buttò a terra, abbandonando tutte le borse che si portava dietro, con le ginocchia appoggiate in avanti. Un pianto disperato era il suo: le memorie si sovrapponevano alla realtà, il passato prendeva il sopravvento sul presente.
    « Shuu... Edgar... Dove siete...? »
    Aveva il forte impulso di gridare, al Giappone, al mondo intero quel forte legame che li teneva ancora uniti nonostante loro siano morti.
    « Tornate da me... »
    In quell'istante, qualcuno interruppe il pianto con la sua voce, una voce maschile, molto fredda e severa.
    « Mm... Pensavo che nessuno vivesse più in questo obbrobrio... » affermò « ... Non sono morti tutti, quindi... »
     
    .
0 replies since 9/10/2014, 13:46   16 views
  Share  
.